Il diabete

Diabete è un termine derivato dal verbo greco διαβαίνειν, che significa passare attraverso e identifica alcune malattie caratterizzate da poliuria (abbondante produzione di urina) e polidipsia (abbondante ingestione di acqua).

Comunemente il termine è utilizzato per indicare una malattia cronica, inquadrabile nel gruppo delle patologie note come diabete mellito, caratterizzata da un’elevata concentrazione di glucosio nel sangue (iperglicemia), a sua volta causata da una carenza (assoluta o relativa) di insulina nell’organismo umano.

L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica, quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno.

TIPI DI DIABETE
Diabete di Tipo 1 1
Diabete di Tipo 2 2
Diabete Gestazionale 3

Il diabete mellito di tipo 1 riguarda circa il 10% delle persone con diabete e in genere insorge nell’infanzia o nell’adolescenza.

E’ una forma di diabete che si configura come malattia autoimmune caratterizzata dalla distruzione delle cellule B pancreatiche (dalle CD4+ e CD8+ cellule T e infiltrazione dei macrofagi nelle isole pancreatiche)[3] che comporta solitamente associazione all’insulino-deficienza.

Le cause sono un insieme di fattori che riguardano la genetica, l’ambiente e l’immunologia, ad una predisposizione genetica di base si unisce uno stimolo immunologico che, con il passare del tempo, porta alla distruzione delle cellule beta, quando la percentuale di cellule beta perse arriva all’80%, ci si ritrova di fronte al diabete mellito di forma 1.

L’insorgenza ha variazione stagionale e può seguire, tra l’altro, il morbillo, l’epatite o infezioni da Coxsackie virus.

Si teorizza che tali infezioni realizzino una risposta autoimmunitaria con la comparsa di linfociti T citotossici che completino la distruzione delle cellule β del pancreas, producenti insulina.

Nel diabete tipo 1, il pancreas non produce insulina a causa della distruzione delle cellule ß che producono questo ormone: è quindi necessario che essa venga iniettata ogni giorno e per tutta la vita.

La velocità di distruzione delle ß-cellule è, comunque, piuttosto variabile, per cui l’insorgenza della malattia può avvenire rapidamente in alcune persone, solitamente nei bambini e negli adolescenti, e più lentamente negli adulti (in questi rari casi si parla di una forma particolare, detta LADA: Late Autommune Diabetes in Adults).

La causa del diabete tipo 1 è sconosciuta, ma caratteristica è la presenza nel sangue di anticorpi diretti contro antigeni presenti a livello delle cellule che producono insulina, detti ICA, GAD, IA-2, IA-2ß.

Questo danno, che il sistema immunitario induce nei confronti delle cellule che producono insulina, potrebbe essere legato a fattori ambientali (tra i quali, sono stati chiamati in causa fattori dietetici) oppure a fattori genetici, individuati in una generica predisposizione a reagire contro fenomeni esterni, tra cui virus e batteri.

Quest’ultima ipotesi si basa su studi condotti nei gemelli monozigoti (identici) che hanno permesso di dimostrare che il rischio che entrambi sviluppino diabete tipo 1 è del 30-40%, mentre scende al 5-10% nei fratelli non gemelli e del 2-5% nei figli.

Si potrebbe, quindi, trasmettere una “predisposizione alla malattia” attraverso la trasmissione di geni che interessano la risposta immunitaria e che, in corso di una banale risposta del sistema immunitario a comuni agenti infettivi, causano una reazione anche verso le ß cellule del pancreas, con la produzione di anticorpi diretti contro di esse (auto-anticorpi).

Questa alterata risposta immunitaria causa una progressiva distruzione delle cellule ß, per cui l’insulina non può più essere prodotta e si scatena così la malattia diabetica.

Per questo motivo, il diabete di tipo 1 viene classificato tra le malattie cosiddette “autoimmuni”, cioè dovute a una reazione immunitaria diretta contro l’organismo stesso.

Tra i possibili agenti scatenanti la risposta immunitaria, sono stati proposti i virus della parotite (i cosiddetti “orecchioni”), il citomegalovirus, i virus Coxackie B, i virus dell’encefalomiocardite.

Sono poi in studio, come detto, anche altri possibili agenti non infettivi, tra cui sostanze presenti nel latte.

È la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. La causa è ancora ignota, anche se è certo che il pancreas è in grado di produrre insulina, ma le cellule dell’organismo non riescono poi a utilizzarla. In genere, la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi fattori di rischio sono stati riconosciuti associarsi alla sua insorgenza. Tra questi: la familiarità per diabete, lo scarso esercizio fisico, il sovrappeso e l’appartenenza ad alcune etnie. Riguardo la familiarità, circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia, mentre nei gemelli monozigoti la concordanza della malattia si avvicina al 100%, suggerendo una forte componente ereditaria per questo tipo di diabete.

Anche per il diabete tipo 2 esistono forme rare, dette MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young), in cui il diabete di tipo 2 ha un esordio giovanile e sono stati identificati rari difetti genetici a livello dei meccanismi intracellulari di azione dell’insulina.

Il diabete tipo 2 in genere non viene diagnosticato per molti anni in quanto l’iperglicemia si sviluppa gradualmente e inizialmente non è di grado severo al punto da dare i classici sintomi del diabete. Solitamente la diagnosi avviene casualmente o in concomitanza con una situazione di stress fisico, quale infezioni o interventi chirurgici.

Il rischio di sviluppare la malattia aumenta con l’età, con la presenza di obesità e con la mancanza di attività fisica: questa osservazione consente di prevedere strategie di prevenzione “primaria”, cioè interventi in grado di prevenire l’insorgenza della malattia e che hanno il loro cardine nell’applicazione di uno stile di vita adeguato, che comprenda gli aspetti nutrizionali e l’esercizio fisico.

Si definisce diabete gestazionale ogni situazione in cui si misura un elevato livello di glucosio circolante per la prima volta in gravidanza.

Questa condizione si verifica nel 4% circa delle gravidanze.

La definizione prescinde dal tipo di trattamento utilizzato, sia che sia solo dietetico o che sia necessaria l’insulina e implica una maggiore frequenza di controlli per la gravida e per il feto.